di: Massimiliano Cilli
C’era una volta, tanto tempo fa, in un paese lontano lontano, un bambino di nome Lucio, ma che tutto il paese chiamava Luccio per la sua passione per la pesca.
Bisogna sapere che il “luccio” è un pesce di acqua dolce dalle sembianze mostruose, è certamente un abile predatore, ma è un aiuto prezioso per mantenere l’equilibrio naturale dei fiumi. E’ dotato poi di grande pazienza: caccia infatti restando immobile fra le piante acquatiche e attende il momento giusto per ogni sua azione.
Come il pesce, Lucio, era solito alzarsi prestissimo per recarsi al fiume vicino e rimanere l’intera giornata in compagnia della sua fidata canna da pesca che gli aveva regalato suo nonno prima di morire. Seguiva alla lettera le regole che il nonno gli aveva insegnato per rispettare il fiume e i suoi abitanti: i pesci piccoli vanno rimessi in libertà e mai, dico mai, pescare un pesce che porta in grembo le sue uova.
Quando arrivava sulle sponde del fiume, era solito sdraiarsi su di una grande pietra, posizionare la canna da pesca ed attendere con calma, il che lo ripagava puntualmente con una buona pesca. Un giorno decise di cercare una nuova posizione dove pescare e trovò una pietra levigata a picco sull’acqua, lì dove il fiume faceva una leggera ansa. Era un luogo perfetto, un alberello gli faceva ombra nelle ore più calde, e la pietra sembrava un sedile messo lì apposta per lui. Iniziò a gettare un po’ di pastura per attirare i pesci, poi preparò l’esca all’amo e lanciò la lenza il più lontano possibile.
Nel giro di qualche minuto aveva pescato già tre bei pescioni. Il nuovo posto era davvero eccezionale e, visto che i pesci sarebbero bastati per la cena, decise di tirare via la canna e rimanere a guardare il cielo che correva veloce sopra la sua testa.
Gli piaceva osservare le nuvole e lasciarsi cullare dal suono del fiume e dei grilli, i suoi pensieri correvano insieme al vento e si sentiva in pace con la natura.
Lucio era un bambino come tanti altri, con grandi occhi neri e capelli arruffati ma non aveva molti amici, preferiva starsene in disparte e far correre i pensieri invece di inseguire una palla come i suoi coetanei.
Il giorno seguente tornò alla pietra sotto l’alberello, mise la canna in acqua e tirò subito su un grande pesce. Mentre riponeva il pesce nel suo cestino, vide dall’altra parte del fiume una bambina dai lunghi capelli rossi. La vide arrivare sulle sponde del fiume e si nascose per osservarla senza essere visto.
La bambina portava un grande cesto con dei panni da lavare e appena arrivata in prossimità dell’acqua prese un vestito dal recipiente e iniziò a strofinarlo su di una pietra con movimenti energici e ripetitivi. Era una bambina bellissima che non aveva mai visto in paese, rimase ad osservarla a lungo e non appena ebbe finito col bucato se ne andò da dove era venuta. Lucio uscì dal suo nascondiglio e per tutto il resto della giornata non fece altro che pensare alla bambina dai capelli rossi. I pesci abboccavano al suo amo, ma era troppo distratto da quel ricordo rosso per non lasciarseli sfuggire miseramente. Tornò a casa con un solo pesce nel paniere, ma in compenso aveva un gran calore in petto. Quando la mattina seguente si alzò dal letto si accorse che aveva una strana eccitazione in corpo, fremeva per rivedere la bambina dai capelli rossi, ma era anche spaventato dall’idea di mostrarsi a lei.
Mangiò un boccone al volo e a gambe levate corse al fiume. Quando arrivò al suo albero la bambina era già all’opera con la testa tra i panni e, sentendo un fruscio, alzò la testa e lo vide. Lui rimase di sasso e, non sapendo cosa dire, le fece un cenno con la mano. Lei lo osservò per qualche secondo, poi rispose al suo saluto con un gesto garbato e timidamente si rimise a lavoro sui panni.
Lucio si mise a sedere sulla solita pietra e iniziò a preparare il necessario per la pesca, ma la sua attenzione era rivolta ai gesti e agli sguardi sfuggenti che ogni tanto lei gli rivolgeva.
Quando vide che lei aveva quasi finito, capì che doveva fare qualcosa.
“Ciao, io sono Lucio ma tutti mi chiamano Luccio come il pesce!”. Le parole gli uscirono di bocca con un tono stridulo e sgraziato.
Lei sembrò non aver sentito, mise gli ultimi panni nel cesto e si alzò risalendo la sponda del fiume, poi girandosi disse:
“Io mi chiamo Alice, anch’io come il pesce! Piacere di averti conosciuto!”.
Ogni giorno Lucio si recava al fiume con la speranza di scoprire qualcosa di nuovo su Alice, ma la bambina era sempre molto riservata e timida. Aveva scoperto che viveva con la nonna materna e il patrigno in una piccola fattoria isolata, al di là del fiume. Alice non andava a scuola, ma a provvedere alla sua istruzione ci pensava la nonna che era stata insegnante in gioventù. Apprese inoltre, dalla sua graziosa voce, che le piaceva il mare anche se non c’era mai stata.
“Ho visto una foto in un libro di geografia che mi ha dato da studiare mia nonna. Da allora non faccio altro che pensare a come sarebbe bello tuffarsi tra le onde e vedere tutti quei pesci nuotare nell’immenso mare blu!”.
La pesca stava cadendo in secondo piano e a casa di Lucio si iniziavano a fare qualche domanda: da qualche tempo si mangiava meno pesce, ma il bambino sembrava più vispo e felice.
Una mattina Lucio arrivò al fiume molto presto e, per ammazzare il tempo, decise che avrebbe pescato almeno tre pesci prima dell’arrivo di Alice.
Dopo pochi minuti la canna entrò in tensione: qualcosa aveva abboccato. Con un rapido movimento riavvolse la lenza e piano piano avvicinò il pesce alla riva. Appena tirò il pesce fuori dall’acqua il pesce cambiò forma e colore.
A guardarlo bene c’era davvero qualcosa di strano, sembrava che il pesce volesse parlargli. Il bambino estrasse l’amo dalla bocca, e mise il pesce in un recipiente con dell’acqua per osservarlo meglio. È risaputo che i pesci non emettono suono, eppure questo sembrava gli stesse provando a dire qualcosa, ma non riusciva a capire cosa.
Lo afferrò e gli mise la testa fuori dal recipiente. Il pesce si schiarì la voce ed infine parlò:
“È da tempo che ti osservo Lucio, da quando venivi con tuo nonno su queste rive, da allora ho capito che eri un bambino giusto e corretto e sapevo che avresti rispettato i pesci e le creature che abitano questi luoghi. Per questo ho sempre cercato di favorirti. Io sono il vecchio custode del fiume, ogni fiume che si rispetti né ha uno”.
Il bambino stentava a credere a ciò a cui stava assistendo. Il pesce continuò:
“…sai, per me gli anni passano inesorabili e vivere in un fiume può essere terribile per le lische di un vecchietto reumatico come me, così ho scelto te ed ho abboccato al tuo amo”.
“Scelto me? E per cosa?” chiese il giovane.
Il vecchio pesce si tirò su con le pinne laterali, starnutì e fece cenno al bambino di avvicinarsi. Dalle sue squame usci una luce dorata che si condensò in una piccola sfera iridescente che gli deposito’ sulla mano.
“In questa sfera è contenuto il potere dei guardiani del fiume e se tu vorrai potrai riceverla in dono. Ricorda però che ogni potere comporta responsabilità”.
“Perché dovrei volere questo potere?” chiese Lucio.
“Perché sto morendo e con me morirebbe l’intero fiume e i suoi abitanti, se non trovo al più presto un nuovo guardiano. E tu vuoi bene al fiume, non è vero?”.
“Si certo, ma perché io? E in cosa consiste questo potere?”
“Perché tu sei l’unica persona che rispetta questo corso d’acqua e ne sfrutta le risorse con equilibrio, sei un bambino corretto ed io ho fiducia in te. Se accetterai questo incarico sarai in grado di cambiare forma alle cose e a te stesso, ripopolare il fiume di vita con un gesto, dare da mangiare al tuo villaggio e alle persone che vivono vicino alle sue sponde. Ma, cosa più importante, sarai in grado di comprendere il segreto profondo della legge che regola l’universo e ne diventerai tu stesso parte integrante. Capisco che non è una scelta facile quella che ti sto proponendo, ma non ho alternative, il tempo per me sta terminando, devi decidere in fretta.”
Il pesce tossì e rientrò nel recipiente. Lucio era indeciso e confuso, tutto sembrava così strano e decisivo per la sua vita e per quella delle persone a lui care. La perla iridescente scaturita dalle squame del pesce brillava sul palmo della mano del giovane. Il sole iniziava a far sentire un piacevole tepore sulla pelle e i grilli si destavano dalle tane con i loro incessanti richiami. Il pesce nel recipiente divenne sempre più luminoso fino a quando diventò una palla luccicante e prima di sparire in cielo disse a Lucio:
“Se decidi di diventare il nuovo guardiano basta che ingoi la perla di luce che hai in mano. Bada che la sua luce durerà ancora pochi secondi, dopo di ché tutto sarà perduto”.
Il vecchio guardiano sparì in cielo e il giovane rimase a fissare la sfera che aveva in mano. Più il guardiano si allontanava e più la perla perdeva luminosità. Lucio non perse altro tempo e con un sol gesto ingerì la perla.
Sentì prima un brontolio nello stomaco, poi vide il suo corpo illuminarsi tutto, fino a diventare una enorme palla luminosa. Quando la luce svanì, si ritrovò trasformato in un pesce gatto paffutello. Potete immaginare lo stupore sul suo nuovo volto baffuto… è il caso di dire che si sentisse proprio come un pesce fuor d’acqua!
Con un grande balzo si tuffò nel fiume. Entrato in acqua riprese a respirare di nuovo e si accorse che il fiume era molto diverso visto da dentro. Nel letto del fiume si trovavano le cose più disparate: piatti rotti e posate arrugginite, barili vuoti, scarti di lavorazioni varie e tutto ciò che l’uomo può produrre come rifiuto. Lucio era avvilito e si vergognava di appartenere alla stessa specie che aveva creato tutto quel disastro.
Un altro pensiero però gli ronzava in testa, come avrebbe avvisato Alice della sua nuova natura? E come avrebbero potuto rimanere amici? Mentre pensava a tutti i possibili scenari, si era avvicinato al punto in cui la bambina era solita lavare i panni.
Sentì un grande boato e vide delle mani delicate e bianche entrare in acqua: era lei.
Alice quel giorno si era alzata prima dell’alba per dare da mangiare alle galline e pulire le latrine, come gli aveva ordinato il patrigno. Poi entrata in casa si era occupata della cucina preparando la colazione e sistemando i piatti sporchi della sera prima.
La povera bambina aveva perso il padre naturale che era ancora in fasce, la madre per evitare la fame si era risposata con un contadino rozzo e privo di educazione, ma che avrebbe assicurato da mangiare per la madre anziana e per la sua piccola figlia. Quando venne a mancare anche la mamma, ad Alice non spettò altro che crescere in fretta. Non poté più andare a scuola per dedicarsi ai lavori domestici e alla nonna ormai inferma, e non potendo aspettarsi la comprensione del patrigno, severo e insensibile, ogni momento era buono per starsene lontana da casa.
Quando Alice arrivò al fiume per i soliti panni, si aspettava di trovare il suo amico Lucio, ma il suo solito posto era vuoto.
A guardare meglio però, vide il sacco da pesca e la sua fidata canna appoggiata all’alberello, segno che era venuto al fiume e che qualcosa lo aveva allontanato, ma cosa? Che fosse andato alla ricerca di un posto migliore per pescare? Si sarebbe portato di sicuro la canna, e poi avrebbe aspettato il suo arrivo prima di spostarsi. E se fosse caduto in acqua per prendere un pesce particolarmente grande? Quel pensiero la mise in agitazione. Si alzò di scatto e iniziò a gridare il suo nome.
Lucio la vedeva da sotto il pelo dell’acqua, voleva rassicurarla e dirle che non era in pericolo ma anzi era sano davvero come un pesce! Il suo problema era cercare di catturare l’attenzione della bambina e farle capire che quel pesce era in realtà il suo amico Lucio. Provò facendo cerchi nell’acqua creando un piccolo vortice, ma non funzionò. Allora gli venne in mente che poteva catturare la sua attenzione saltando fuori dall’acqua. Prese la rincorsa e spiccò un grande salto con capriola.
La bambina si girò ma non fece caso al pesce e continuò a chiamare il suo nome. Lucio decise che doveva fare di più e, con un salto, andò a finire nel cesto dei panni sporchi.
Alice vide il pesce nella cesta che boccheggiava affannosamente e non capiva il motivo che lo aveva spinto a questo gesto suicida. Negli occhi della disperata creatura vide una strana luce familiare e, pur non credendoci del tutto, riconobbe il suo giovane amico. Prese il pesce tra le mani per osservarlo meglio: sembrava che volesse dirle qualcosa, poi capì e si avvicinò al fiume per buttarlo in acqua e farlo respirare. L’argine però era bagnato e scivoloso, come la bambina mise il piede sulla pietra viscida, perse l’equilibrio e cadde in acqua insieme al pesce.
Lucio vide i suoi splendidi capelli rossi fluttuare in acqua e sul suo volto la paura. La bambina scendeva sempre più a fondo e dal suo panico si capiva che non sapeva nuotare. Lucio le prese la manica del vestito per portarla in superficie ma era troppo pesante e continuava inesorabilmente ad andare a fondo. A quel punto gli vennero in mente le parole del vecchio guardiano del fiume e dei poteri che avrebbe acquisito prendendo il suo posto. Non sapeva esattamente come, ma avrebbe salvato la bambina, concentrò tutte le sue energie e una piccola sfera iridescente comparve sul suo musetto baffuto, senza perdere tempo si avvicinò alla bocca della bambina, che nel mentre aveva perso i sensi.
Con un bacio pudico, ma risolutore, spinse la perla fino a fargliela ingerire. Così come era capitato a Lucio, anche Alice si illuminò tutta prima di trasformarsi in un delicato pesce rosso. Era ancora priva di sensi quando Lucio le si avvicinò sfiorandola delicatamente con i suoi baffoni.
Lei aprì gli occhi e non capì come mai riuscisse a respirare sott’acqua, poi si rese conto della sua trasformazione. Non sapeva se essere spaventata, grata o infuriata per la nuova condizione. Iniziò poi a muovere la pinna caudale e si stupì di quanto fosse divertente nuotare. Con piroette ed evoluzioni sempre più difficili si riportò in superficie vicino al suo baffuto amico:
“Cosa è successo? Perché sono diventata un pesce?”.
Lui non sapeva da dove cominciare per spiegare gli eventi che quella mattina avevano scombussolato i suoi piani: il custode del fiume, la perla luminosa e tutto il resto. Si limitò a chiederle se stava bene, poi la guardò negli occhi e disse:
“Ti andrebbe di andare a vedere il Mare? ”
La bambina-pesce gli fece un sorriso e, senza dire altro si avvicinò all’amico con un colpo di pinna. Presero poi a nuotare vicini seguendo la corrente, diretti insieme verso il mare.